Da "obstinatissimo eretico", per i cattolici romani di fine Cinquecento, a "martire della nuova e libera filosofia", per gli intellettuali italiani della seconda metà dell’Ottocento: strano destino per un ragazzo nato a Nola (Campania) nel 1548.

Diciassettenne, Filippo Bruno veste l’abito domenicano a Napoli e prende il nome di Giordano. Sacerdote nel 1572, dottore in teologia tre anni dopo, animato da un’insaziabile passione per lo studio, Giordano Bruno diviene in breve tempo uno dei più brillanti intellettuali d’Europa. Ma la passione per la verità lo pone inevitabilmente in contrasto con la cultura dogmatica del tempo (un’atmosfera oscurantista e retriva di cui sarà vittima lo stesso Galilei, qualche decennio dopo).

Inizia così un lungo peregrinare: da Napoli, dove si è aperto un processo a suo carico per eresia, si sposta a Roma. Nel 1576 abbandona l’abito domenicano e fugge nel Nord Italia, spostandosi da una città all’altra: Genova, Savona, Torino, Padova, Bergamo. Insegna astronomia a Noli (Liguria), pubblica i suoi primi libri a Venezia. Lo troviamo poi a Ginevra (dove aderisce solo per breve tempo al calvinismo) e a Tolosa (dove ottiene la cattedra di filosofia). Quindi si reca a Londra, dove incontra la regina Elisabetta e compone alcune tra le sue opere più importanti: La cena delle ceneri, che contiene la difesa dell’eliocentrismo copernicano; De l’infinito universo et mondi, in cui presenta la sua teoria di un universo infinito, composto da innumerevoli mondi; Lo spaccio della bestia trionfante e Degli eroici furori. Dopo aver suscitato le ire dei teologi di Oxford, soggiorna in Francia, Germania (insegna a Wittenberg, con la forte opposizione dei calvinisti), a Praga, Helmstedt, Francoforte e infine a Venezia, invitato dal nobile Giovanni Mocenigo che spera di apprendere da Bruno l’arte della memoria, quella “mnemotecnica” di cui il filosofo nolano è maestro.

Nel maggio 1592 Mocenigo consegna all’Inquisitore di Venezia un’accusa di eresia nei confronti di Bruno, che viene subito arrestato. L’anno successivo viene estradato a Roma, dove inizia un processo che durerà sette anni. Difende tenacemente le proprie tesi, in lunghi ed estenuanti interrogatori, probabilmente sottoposto a tortura, rifiutando di abiurare. Il tribunale del Santo Uffizio lo condanna infine alla pena capitale, in quanto eretico “formale, impenitente, pertinace”; i suoi libri sono messi all’Indice e condannati al rogo. Giordano Bruno viene arso vivo a Roma, in Campo de’ Fiori, il 17 febbraio 1600.


Pensieri controcorrente

Ma quali erano queste teorie così pericolose da condannare al rogo sia i libri che le contenevano, sia il loro autore?

Pur nella complessità del suo pensiero – i suoi libri non sono di facile lettura - proviamo ad enucleare alcuni punti nodali.

1) L’universo è infinito. Se Dio è la causa dell’universo, e Dio è infinito, l’universo non può che essere infinito. Se l’universo è infinito, non ha senso parlare di sopra e sotto, destra e sinistra, centro e periferia, e innumerevoli sono i pianeti abitati.
Se Dio è infinito, non ha limiti. Dio è il principio razionale insito nelle cose, quindi coincide con la natura (è immanente, non trascendente). Tutto è animato. Si tratta di una concezione panteistica dell’universo.
2) Difesa della teoria copernicana. Bruno ridicolizza la visione geocentrica aristotelico-tolemaica: la Terra e l’uomo non sono al centro dell’universo. Fa notare che “Non più la luna è cielo a noi, che noi a la luna” (se si potesse andare sulla Luna, vedremmo la Terra nel cielo come fosse la Luna).
3) La religione (il “dogmatismo dei teologi”) e lo studio della natura (la “libertà dei filosofi”) si collocano in ambiti diversi, ma possono convivere: la religione ha un’utilità pratica e politica, serve a educare e governare “i rozzi popoli”, mentre la ricerca filosofico-naturalistica non ha bisogno di “fede”.
4) Esaltazione del lavoro umano, sia manuale che intellettuale. L’ozio e la rassegnazione sono i peggiori vizi dell’uomo. A differenza degli altri esseri, l’uomo possiede l’intelligenza e la mano che gli permettono di modificare la natura e continuare così l’opera di creazione divina (creando manufatti e opere dell’ingegno, l’uomo si avvicina all’opera creatrice di Dio). L’uomo è quindi superiore a tutti gli altri esseri non perché dotato di anima, ma semplicemente in quanto è fornito di determinate caratteristiche fisiche (mano e intelligenza).
5) Lo studio della natura è la più alta aspirazione dell’uomo. La passione per la conoscenza e la verità sono paragonati a una passione amorosa, un “eroico furore”.

Tali tesi fanno di Giordano Bruno un innovatore della filosofia rinascimentale e un precursore della modernità. Spirito critico e spesso ribelle, insofferente verso qualsiasi forma di dogmatismo, testimone di verità, ha consacrato la propria vita alla studio, alla ricerca e alla difesa della libertà di pensiero.

 

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